Vita di San Gaetano da Thiene

Nacque a Vicenza dalla nobile famiglia dei Thiene nel 1480. Maturò l’esperienza congiunta di preghiera e di servizio ai poveri e agli esclusi. Ispirandosi al discorso della montagna e al modello della Chiesa apostolica fu restauratore della vita sacerdotale e religiosa e fondò nel 1524 i Chierici Regolari Teatini. Per la sua illimitata fiducia in Dio è venerato come il santo della provvidenza.

Questo santo, gloria della rinascita cattolica italiana, nacque a Vicenza nell’ottobre del 1480 dal conte Gaspare Thiene. Fin dai primi anni fu educato dalla pia genitrice all’amore dei poveri che accorrevano numerosi alla porta della sua splendida dimora. Dopo aver conseguito la laurea in utroque iure a Padova, dopo aver vestito col permesso del vescovo l’abito clericale, si trasferì a Roma (1507), dove da Giulio II fu introdotto nella famiglia palatina quale Protonotario Apostolico e dotato di benefici. Negli affari che passarono per le sue mani si mostrò tale prodigio di dottrina e di prudenza che fu da tutti celebrato come specchio e modello di prelati ecclesiastici.

Per legare la sua vita alla croce Gaetano accettò di essere ordinato sacerdote (1516). La celebrazione della prima Messa da lui procrastinata di tre mesi doveva segnare l’inizio del suo mistico annientamento. Dal momento che si riteneva indegno di essere “un sacerdote di Dio per l’eternità”, mentre nella notte del Natale 1517 pregava a Santa Maria Maggiore, meritò di ricevere in estasi tra le braccia “quel tenero fanciullo, carne e vestimento dell’Eterno Verbo”, com’egli stesso confidò alla monaca bresciana Laura Mignani. Per servire Dio nel prossimo volle far parte della Compagnia del Divino Amore, fondata a Genova, verso il 1497, nel cenacolo spirituale facente capo a Santa Caterina Fieschi, ed estesa dal notaio Ettore Vernazza e da altri pii genovesi a Roma e nelle principali città d’Italia. Ogni Compagnia non oltrepassava i 40 membri, di cui 4 erano sacerdoti. Tutti erano tenuti al segreto sui fratelli, le opere e i metodi della fraternità. Ognuno si impegnava a rinnovarsi interiormente con gli esercizi di pietà, la vita contemplativa e le conferenze di religione, onde poter convenientemente esercitare l’apostolato presso i poveri e gli ammalati, gli orfani e gli abbandonati, con la fondazione di ospedali per gl’incurabili e ospizi per le giovani pericolanti o traviate.

Gaetano frequentò con Giampietro Carata, che aveva rinunciato al vescovato, la Compagnia del Divino Amore che si radunava presso il penitenziere apostolico e parroco di Santa Dorotea in Trastevere, Giulino Dati, finché nel 1518 fu costretto a ritornare a Vicenza a causa della malattia della madre. Assillato dalle molteplici esigenze della carità, nella città natale s’iscrisse alla Compagnia di San Girolamo, fondata per impulso di Bernardino da Feltre (1434) a sollievo dei poveri infermi, e si adoperò per accendere nei cuori dei confratelli il più vivo amor del prossimo esortandoli alla comunione festiva. Il santo non si limitò a risvegliare il fervore tra i membri dei vari oratori, ma fondò a Vicenza, Verona ( 1519) e quindi a Venezia ( 1522) tre Compagnie del Divino Amore con tre ospedali per gl’Incurabili, nei quali egli stesso andò a servire con gioia insolita e profonda anche i malati più ripugnanti e a confortare i morenti.
Nel 1520 Gaetano era stato pure rettore di Santa Maria di Malo, nei pressi di Vicenza, e dall’abate di San Paolo fuori le Mura gli erano stati concessi i santuari isolati del Monte Soratte (Roma), prima che passassero al B. Paolo Giustiniani (+1528), riformatore degli eremiti camaldolesi poi detti di Montecorona (Frascati). Con accorato zelo il santo il 1-1-1523 scrisse a costui da Venezia: “Che ci siano qui delle brave persone di buona volontà, io non lo nego; ma tutti rimangono in casa e arrossiscono della confessione e comunione per il timore dei giudei”.

Nel 1523 Gaetano si trasferì a Roma per ordine del suo direttore spirituale, Fra Battista Carioni di Crema (+1534), energico domenicano che animava un folto gruppo di persone desiderose di procurare alla Chiesa la riforma da tutti invocata. In mezzo alla generale sfrenatezza dei costumi il santo non si smarrì, anzi progettò la fondazione, con l’approvazione di Clemente VII (1524), di una Compagnia di Chierici Regolari, con un superiore triennale, destinata ad essere nella società fermento rinnovatore dello spirito sacerdotale e religioso con il buon esempio, il disprezzo delle ricchezze e la guerra dichiarata a qualsiasi parvenza di commercio nelle cose ecclesiastiche. Nella difficile impresa fu coadiuvato dal nobile patrizio alessandrino Bonifacio da Colle (+1558), suo confidente nei piani di fondazione e di riforma ecclesiastica; dall’austerissimo napoletano Giampietro Carafa, già vescovo di Chieti (Theate) e più tardi papa Paolo IV (11559) e dal bolognese Paolo Consiglieri. Con essi il 14-9-1524 emise nella basilica di San Pietro la professione solenne dopo aver distribuito ai poveri, con sorpresa dei conoscenti, tutti i beni, e aver rinunciato agli uffici di Curia. Quei preti che il popolo chiamava “riformati” e che si accontentavano di vivere con le elemosine dei fedeli, svolsero il loro ministero nella chiesa di San Nicola dei Prefetti e poi in una casa sul Pincio, senza peraltro trascurare l’assistenza ai malati dell’ospedale di San Giacomo. Durante il giubileo del 1525 essi predicarono con grande zelo per le piazze, istruirono i pellegrini negli ospizi, ricevettero i forestieri alle porte di Roma, li accompagnarono alla basilica di San Pietro e li prepararono ai sacramenti. Di notte si alzavano per la recita di Mattutino che salmodiavano con molta cura. Gaetano giungeva sempre primo al coro perché dormiva poco. E, dopo mattutino, invece di ritornare a letto, restava in ginocchio in chiesa fino al momento della Messa.

Durante il “Sacco di Roma” (1527), permesso dall’imperatore Carlo V alle sue truppe per vendicarsi della politica francofila di Clemente VII, Gaetano fu denudato, legato a metà del corpo e sospeso ad una trave del soffitto. Liberato con i suoi dodici compagni da una banda di spagnuoli, succeduti nel saccheggio ai 14.000 Lanzichenecchi, riuscì a salvarsi sulle navi veneziane che stanziavano a Civitavecchia a servizio della Lega. Stabilitosi a Venezia nella sede di San Nicola da Tolentino – una confraternita del tipo di quella del “Divino Amore” – in breve la trasformò in un centro attivo di vita spirituale e di benefica attività. Infatti, oltre ad assistere gl’incurabili o luetici, i Preti Poveri o Teatini provvidero a fare sorgere altre iniziative tra cui quella a favore degli orfani di cui si occupò S. Girolamo Emiliani (+1537), discepolo spirituale di S. Gaetano.

Spregiatori delle ricchezze e dei piaceri, amici della povertà, i Chierici Regolari Teatini non si preoccupavano d’altro che della gloria di Dio e dell’instaurazione del regno della carità. Nella carestia scoppiata nel 1528 e durante la pestilenza che ne seguì, Gaetano si meritò dai veneziani il titolo di “santo della Provvidenza”, tanto fu sollecito con i suoi religiosi nell’assistere e nello sfamare turbe di appestati che si aggiravano per le calli con voci lamentevoli.
Per la loro benefica attività i Teatini furono ripetutamente richiesti dai napoletani. Essi riuscirono ad averli tra loro nel 1533 per espressa volontà di Clemente VII il quale impose al Carata, superiore, “di mandare qualcuno dei suoi Chierici Regolari al più presto nella città di Napoli e di accettare i luoghi offerti”. La scelta di quella forzata partenza cadde su Gaetano da Thiene il quale nella città partenopea doveva terminare i suoi giorni, dopo un’assenza di tre anni (1540-43) in cui dovette riprendere il governo della comunità veneziana.

Anche a Napoli le varie iniziative del santo trovarono il campo adatto per la loro attuazione. Con l’aiuto di Suor Maria Carata, sorella del vescovo Giampiero, fondò e diresse il monastero delle Domenicane riformate. Sotto la sua guida Maria Lorenza Longo, fondatrice dell’Ospedale degl’Incurabili, diede impulso al monastero delle Cappuccine, e Maria d’Ayerbo, vedova del Duca di Termoli, fondò un monastero di donne pentite. Riguardo alla povertà Gaetano si mostrò sempre molto rigido. Non volle mai saperne di rendite. A chi gli obiettava che i napoletani erano meno generosi dei veneziani, egli rispondeva: “Può essere, ma Dio si trova tanto a Napoli che a Venezia”.
Nel 1538 il Viceré spagnuolo, don Pietro di Toledo, ottenne dall’arcivescovo Vincenzo Carafa la chiesa di San Paolo Maggiore per Gaetano e i suoi Chierici Regolari. In essa l’uomo di Dio predicò al clero e al laicato la riforma dei costumi, ai potenti l’umiltà, a tutti la carità di Dio e del prossimo. E quando a Napoli si stabilì il teologo e letterato spagnuolo Giovanni Valdés (+1541), con Bernardino Ochino, già Preposto Generale dei Cappuccini, l’agostiniano Pietro Martire Vermigli, il protonotario apostolico Pietro Carnesecchi a disseminarvi gli errori dei protestanti, Gaetano si adoperò per la salvaguardia dell’unità ecclesiastica, pregò e fece pregare le monache da lui dirette perché fossero tutti “legati in unità alla santa Chiesa di Cristo”.

Un’altra benefica opera che vive ancora, legata al nome del nostro santo, fu l’istituzione a Napoli del Monte di Pietà. Per sottrarre i cittadini alle usure degli ebrei, egli fece prestare denaro ai bisognosi dietro un piccolo pegno di garanzia. L’opera si mostrò talmente benefica che nel 1584 fu dichiarata Ente di diritto pubblico. Ancora oggi il Banco di Napoli, vanto e gloria della città, vive legato al nome di chi volle e ne incoraggiò la fondazione a scopo assistenziale.

Continuando a serpeggiare nel vicereame di Napoli gli errori della propaganda eretica degli “spirituali” capeggiati da Valdés, Pietro di Toledo decise di stabilirvi il Tribunale dell’Inquisizione. Il popolo, che non ne voleva sapere, prese a tumultuare. Il viceré dichiarò allora la città ribelle e la abbandonò al saccheggio durante il quale 250 napoletani furono barbaramente trucidati. Gaetano, armato di crocifisso, fu visto aggirarsi tra quella plebe tumultuante e sanguinaria per esortare, per supplicare tutti a deporre i rancori e le armi ai piedi dell’Uomo-Dio crocifisso. Quando vide che le sue parole di perdono e di pace restavano soffocate dalle grida di odio e di vendetta, si offrì a Dio vittima di propiziazione e di perdono per la diletta città.

La sua offerta fu accettata. Morì difatti il 7-8-1547, circa due mesi e mezzo dopo l’inizio dei subbugli violenti e sanguinosi. Il suo eroico sacrificio non era stato infruttuoso. Difatti, nello stesso giorno, il rappresentante della città di Napoli, don Placido di Sangro, reduce da Norimberga dove si era incontrato con Carlo V, assicurava al popolo “i frutti soavissimi dell’imperiale clemenza”.

Gaetano da Thiene fu beatificato da Urbano VIII 1’8-10-1629 e canonizzato da Clemente X il 12-4-1671. Le sue reliquie sono venerate a Napoli, nella chiesa di San Paolo Maggiore, insieme a quelle di S. Andrea Avellino, suo confratello.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 8, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 52-56
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